Sunday, July 20, 2008

Il papa e la polizia



The following piece was published in Il Manifesto on 20 July 2008.

A un certo punto, durante la sua visita per la Giornata mondiale della gioventù, il pontefice ha indossato un berretto della polizia del Nuovo Galles del Sud, lo stato dell’Australia di cui Sydney è la capitale. La foto-op, scattata durante la benedizione da un poliziotto malato in fase terminale, ha rapidamente invaso i media. Secondo i giornali australiani, con questo gesto scherzoso il papa ha dato un suo tocco personale alla cerimonia. Ma per chi non è contento della blindatura della città per la presenza di Ratzinger e dei suoi 250.000 pellegrini, quella foto ha un altro significato.

Pochi giorni prima dell’arrivo del pontifice a Sydney, il tribunale federale dell’Australia aveva bocciato una legge speciale promulgata dal governo del Nuovo Galles del Sud con lo scopo di impedire qualsiasi interruzione della grande festa dei cattolici da parte dei contestatori della biopolitica vaticana. La legge prevedeva un’estensione dei poteri di polizia e multe fino a 5.500 dollari per chi importunasse i pellegrini. Nonostante la bocciatura, il tribunale federale ha sottolineato che le leggi generali contro il turbamento della quiete pubblica rimangono in vigore, facendo riferimento alle misure che sono state decise nel contesto della “guerra contro il terrore”, come in occasione degli scontri anti-musulmani a Cronulla nel sud di Sydney nel 2005 e della visita di George W. Bush durante il vertice Apec nel settembre 2007.

La bizzarria di quel berretto da poliziotto al posto dello zucchetto papale va letto in questo quadro. Un quadro che mostra lo sbiadire della distinzione fra il “potere pastorale” identificato da Foucault come base della governance moderna e il potere poliziesco che suggella le nuove forme della sovranità. Altro che gli scontri medievali fra papa e imperatore: oggi va emergendo un amalgama in cui governance e sovranità diventano due lati della stessa medaglia. Per un verso avanzano processi di depoliticizzazione, decostituzionalizzazione, mediatizzazione. Per l’altro verso, la violenza sovrana aumenta avvalendosi del richiamo ai valori e al culto dell’autorità e con l’aiuto della spettacolarità. Più lo stato moderno cede il suo potere sovrano alla tecnica e all’amministrazione, più si aggrappa a un supplemento teologico che gli fornisce l’ultima giustificazione mentre le altre svaniscono. Detto altrimenti, il papa ha bisogno della polizia e la polizia ha bisogno del papa.

Vale la pena di ricordare che per Foucault l’oggetto del “potere di polizia” era la regolazione del traffico prodotto dalla circolazione di persone, beni e merci. Per la maggioranza degli abitanti di Sydney, il problema della visita del papa non era la sua posizione sull’aborto, la contraccezione, l’omosessualità, la posizione delle donne nella Chiesa, ma il traffico, gli ingorghi e la mobilità ridotta in città. Tantissimi infatti se ne sono andati al mare. Fra quelli che sono rimasti, una minoranza piccola ha dato vita a un collettivo “no-to-pope”, una specie di esercito di omosex, trans, queer e altri alieni che ieri, il giorno della grande processione verso la messa all’ippodromo, hanno lanciato preservati gonfiati verso i pellegrini e fatto il controcanto ai loro slogan scandendo “Benedetto”. Una manifestazione molto politicizzata, che per qualche ora ha conteso i titoli dei giornali alle scuse di Ratzinger alle vittime degli abusi sessuali dei preti australiani.

Significativamente, il papa ha molto insistito sul fatto che come pastore di queste vittime ne condivide il dolore e la sofferenza. Anche qui però si vede l’intreccio fra il pastore e il poliziotto. Negli anni ’90, la tecnica delle scuse come tecnica di governo ha avuto i suoi pionieri fra i leader dei paesi più potenti e liberisti del mondo. Nel ’97, Clinton si scusò con le vittime dell’esperimento di Tuskegee e Blair per la grande fame di patate dell’800 in Irlanda; e all’inizio di quest’anno il premier australiano Kevin Rudd – per questo molto elogiato ora da Ratzinger – si è scusato (finalmente, dopo il silenzio di Howard) per la sottrazione dei bimbi indigeni alle loro famiglie. Le scuse di Ratzinger sono un’eco ritardata di queste voci precedenti, il gesto del nuovo leader che enuncia quello che il vecchio leader non poteva dire.

Ovviamente questi gesti di contrizione pubblica sono importanti perchè cambiano la percezione del significato di eventi passati e il modo in cui se ne può pubblicamente parlare. Tuttavia, le scuse restano pur sempre un gesto del sovrano. La pubblica richiesta di perdono per l’imperdonabile non comporta mai una perdita di potere per chi lo detiene; anzi lo rinforza e ne giustifica la continuità. Le scuse di Ratzinger non diminuiranno né correggeranno il potere della chiesa che ha protetto per decenni i preti pedofili, come le scuse di Rudd non hanno diminuito il potere sovrano dello stato australiano e la finzione legale della terra nullius che l’ha sostenuto fin dal primo atto della colonizzazione britannica nel Settecento.

C’è chi vede nella scelta di Sydney per la giornata mondiale della gioventù un tentativo di rovesciare le sorti alquanto misere della chiesa cattolica in un paese molto laico e culturalmente diversificato. Senza dubbio, uno degli aspetti rilevanti di questa giornata mondiale della gioventù sono stati i tanti eventi inter-religiosi in cui i giovani cattolici hanno incontrato musulmani, hindu, ebrei, buddisti, ecc. Anche qui però è importante tenere presente la complessità del rapporto fra potere sacro e potere secolare.

Il multiculturalismo australiano – che, non va dimenticato, è una politica ufficiale promossa dal governo – fornisce l’antidoto perfetto allo scandalo delle parole sui musulmani pronunciate da Ratzinger a Ratisbona nel 2006. D’altra parte è probabile che lo stato australiano, secolare e multiculturale, abbia bisogno del mistero spettacolare offerto dalla visita del papa come la chiesa ha bisogno di questa visita in un paese che gode fama di esser tollerante per migliorare la sua posizione a livello globale. Del resto, la tolleranza multiculturale comporta sempre una frattura di potere fra quelli che tollerano e quelli che sono tollerati, esattamente come le scuse sono una tecnica di governance che mantiene la frattura di potere fra vittime e persecutori. Anche l’ateismo laico e tollerante occidentale è marcato da una storia inseparabile dal contesto dell’eredità monoteistica.